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E’ dal 2016 che ci frulla per la testa di fare un’avventura in monopattino, con Sebastian ci siamo confrontati più volte sul percorso, sulla data, sull’impostazione da dare all’impresa. Finalmente ce l’abbiamo fatta.

La sfida in autonomia, detta anche self-supported challenge, ha caratteristiche ben precise: non è una gara, consente ai partecipanti di decidere le modalità di attuazione, il tempo di percorrenza, dove dormire e dove mangiare.

L’unica regola è non farsi assistere da parenti o amici, non usare mezzi diversi da quello scelto per la sfida (ovvero la footbike) e seguire la traccia GPS che viene consegnata dall’organizzazione una settimana prima dell’evento.

La nostra prima Kick the Coast è partita da Capalbio il 5 ottobre e si è conclusa a Cecina, per alcuni il giorno dopo, per tutti gli altri il 7 ottobre: 224 km lungo la costa toscana (più o meno), su strada bianche o poco battute.

Partecipanti? Pochi, pochissimi, perché anche i footbikers stranieri ci hanno lasciato per strada, non convinti delle nostre capacità organizzative (chissà poi perché…).

Comunque meglio così: abbiamo avuto tra noi il più forte footbiker italiano, Strato iliano, detto Nino, uno tosto davvero.

Nino ha partecipato in aprile alla Monster Van Brabant, che si è svolta in Olanda e ha percorso 236,60km in 13:14:40. Per lui la Kick the Coast è stata una passeggiata e difatti l’ha fatta tutta d’un fiato, arrivando alle 2 di notte a Cecina.

Per i comuni mortali, l’avventura è durata due giorni, con notti in albergo e lauti pranzetti.

Il territorio è davvero magnifico: la Maremma offre paesaggi bucolici con colori da cartolina e l’alternanza tra collina e mare rende ogni chilometro una scoperta. Il passo “lento” del monopattino, inoltre, consente di assaporare l’aria tiepida di fine estate e facilita la conversazione con le persone che si incontrano lungo il tragitto.

Un viaggio in monopattino va pianificato bene, limitando il bagaglio al minimo indispensabile: tra i partecipanti c’era chi si era portato giusto una mutanda di ricambio e chi, invece, aveva caricato la sua footbike come un mulo.

C’era chi aveva una footbike Yedoo Wolfer 28/20 e chi aveva un Kostka Hill Max 20/16, c’era chi era in grado di restare per 12 ore a bordo, chi invece aveva bisogno di pause ogni 20-30km. L’eterogeneità del gruppo, però, si è sempre ricompattata a fine giornata, davanti ad una pizza e una birra.

Abbiamo avuto fortune alterne con il tempo, anche se in linea di massima, ha piovuto durante la notte, permettendoci di mantenere medie abbastanza regolari, anche se ad un certo punto, il fango ha avuto il sopravvento

Le parti più belle, sono state quelle nella riserva del WWF, lungo i Tomboli e nella pineta di Bibbona, dove le ruote dei monopattini non si sono fatte intimorire dal sostrato di aghi di pino marittimo e dal brecciolino delle sterrate.

Prima di Piombino abbiamo scollinato nel Golfo di Baratti, passando per un sentiero immerso nella macchia mediterranea, dove mancava solo la comparsa di un cinghiale per suggellare l’atmosfera, ma sicuramente l’emozione più grande è stata arrivare sul lungomare di San Vincenzo, quando tutta la stanchezza accumulata si è sciolta nella luce avvolgente e nella calma del tramonto.

Lì la fatica è scomparsa in un attimo, e le gambe hanno ripreso a girare a buon ritmo, fino all’arrivo all’albergo Ciritorno, dove siamo stati accolti calorosamente, nonostante le nostre ruote infangate e le scarpe fradice.

L’ultima tirata l’abbiamo fatta nella Pineta di Bibbona, luogo ideale per una passeggiata all’ombra di pini marittimi imponenti, su un sentiero ampio e ben tenuto.

Al nostro arrivo, la città di Cecina ci ha regalato un incontro imprevisto con questa signora che è rimasta folgorata dalla footbike, al punto da abbandonare la sua auto in mezzo alla strada per provarla!

Che dire? Ci è un po’  dispiaciuto salutarci alla fine del viaggio,

e per consolarci, ci siamo concessi un gelato da Filippo, tanto per non perdere una buona abitudine.

Ci rimarrà nel cuore questa esperienza, soprattutto perché ci ha permesso di conoscere un po’ meglio le persone che ci hanno accompagnato e scoprire anche qualche loro dote nascosta…vero Giuseppe?